Editoriali

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Non ho la ben che pallida idea di come approcciare l’argomento  è sabato 22, continuo a non digerire la dipartita prematura di uno dei miei cantanti preferiti, mi resterà il magone per non essere arrivato in tempo a vederlo in concerto. La sua storia e una serie di domande che mi vengono poste sempre più frequentemente mi sta spingendo a scrivere qualcosa sul “ ricominciare “ .

Di solito questi articoli, quelli su questo tipo di argomento, hanno tutta una serie di istruzioni sul come allenare i vari distretti infortunati, ma io voglio “chiacchierare” con voi di altro.

Ci sono molti motivi per cui nel corso di una vita ci si debba fermare dal fare qualcosa, ci sono diversi tipi di infortunio, ma i più gravi sono quelli dell’anima. Ci sono i manuali per le gambe rotte, i gomiti lesionati, e va tutto bene finché sono danni strutturali, la cosa che si ignora del tutto sono i casini che ognuno di noi si porta dentro.

Purtroppo in questo genere di argomenti ho un ventaglio abbastanza ampio di esperienze.

Le mie disavventure fisiche le ho raccontate spesso, quello che non ho spiegato è la parte più intima del problema ed è quello di cui mi sento chiedere spesso.

Quando stai male sul serio, quando ti danno delle brutte notizie, quando vivi certe situazioni  ti viene portato via un pezzo e non torna in dietro mai.

Provo a spiegarvelo parlandovi di me.

Sono stato un bambino con l’animo irrequieto fin da piccolo, tanto tranquillo fuori quanto pieno di dubbi e domande dentro. Sono stato però un bimbo fortunato, viaggi, casa piena di libri, tv in camera, pieno di giocattoli, casa in montagna, ero anche uno molto sicuro di se, eppure quello che mi mancava era un rapporto umano con mio padre.

Lui non era, ne è stato mai, cattivo, ma lavorava tanto, era assente, o meglio era presente nel senso che si faceva in quattro per non farci mancare nulla. Non sono mai andato a mare con lui ( non che io ricordi almeno ), ho imparato ad andare in bici grazie alla figlia del vicino, avevo tutto ma guardavo la vita degli altri e mi sembrava mi mancasse tutto, quando entrava nella mia vita sbagliava sempre il modo.  Vengo da una famiglia con i parenti “strani”, in pratica o non c’erano rapporti o se c’erano ti provavano ad inculare,  Il tutto per fortuna è stato sempre mitigato da mia madre che per quanto io sembra tratti male ha la mia più totale venerazione.

In modo quasi inconscio crescendo ti si creano dentro mille mini ferite, il tempo passa e non torna e le ferite non si curano, ti riempi di diffidenze e domande, impari però che se ti immergi nel fare qualcosa senti meno fastidio. Arrivato all’adolescenza ho avuto tutti i casini tipici, a partire dal confronto con gli altri, ero un ragazzino molto alto e magrissimo con degli occhialoni,  all’inizio degli anni 90, quando era un must essere muscoloso anche molto, e la gente non si creava problemi a fartelo notare. Nel frattempo la situazione a casa era diventa l’opposto di prima, tanta fatica ad arrivare a fine mese, tante, tantissime rinunce su tutto, (ad esempio non ho mai fatto una gita scolastica dal periodo che va dalle medie alla fine del superiore).  Ti butti sugli amici, provi ad omologarti per essere meno solo , ma non era nella mia natura dato che sono stato sempre fin troppo indipendente , ho provato pure con la religione, ma avevo già  da bimbo una mentalità scientifica e proprio non riuscivano a convincermi di certe cose.

Un bel giorno mi resi conto che io c’ero per tutti ma nessuno c’era per me, era un’altra epoca quella in cui si camminava molto a piedi e  non essendoci i telefonini, andavi di campanello in campanello a vedere chi fosse in casa. Provai a non cercare nessuno e nessuno mi cercò per molto tempo.
Casini a casa, casini con gli amici, mancanza di fiducia in se stessi,  la rabbia divenne malinconia e questa divenne un velo cupo, un macigno enorme sulla schiena. Come un vampiro, succhiava via la voglia di uscire, di curarsi di se stessi, di andare avanti, più ti svuotava più riempiva il vuoto che lasciava con un senso di inadeguatezza, di sconforto, di impossibilità, di solitudine estrema anche in mezzo a mille persone.

Di botto del bambino allegro che sorrideva sempre non era rimasto molto, lo scrivo oggi ma vi assicuro che non l’ho mai detto a nessuno se non a una manciata di amici, mi sentivo invisibile agli occhi di chi amavo, ma  il bersaglio preferito di chi mi puntava, loro sembravano vedermi benissimo. E’ durato tanto, circa tre anni.  La sera pregavo, pregavo tanto, piangendo pregavo di non svegliarmi la mattina, sapevo che almeno a mia madre sarebbe dispiaciuto, ma ero semplicemente stanco, mi sentivo esausto e disarmato, su un campo di battaglia contro mille demoni, solo. Avevo solo voglia che qualcuno o qualcosa mi portasse via, lontano, per sempre.  Poi mi svegliavo la mattina ed ero ancora li, avrei avuto altre 15/18 ore in compagnia del mio lato nero, e come prima cosa bestemmiavo il Dio che la sera avrei nuovamente supplicato di lasciarmi in pace.

Era un vortice, un baratro, non lo so spiegare neanche,  anni dopo capì avere un termine specifico, “ depressione “ , io sapevo colpisse “ i grandi “ io ero un bambino ma a quanto pare non gli importava nulla.

Più provavo ad aggrapparmi alle cose più crollavo, era una cosa costante ora dopo ora, secondo dopo secondo, arrivai a non riuscire a sorridere neanche davanti a cose buffissime, ogni tentativo era sempre più faticoso, ad un certo punto l’unica soluzione era provare a “uscirne da solo”, ci tentati un paio di volte….. La cosa buffa è che per anni non mi creava disagio quella voglia di chiuderla , ma il fatto che qualcosa in me, remava contro di me, alla fine, non contento, il me oscuro, era riuscito a darmi un altro motivo per non sentirmi all’altezza. Non ero neanche capace a fare una cosa che sembrava cosi semplice.

Ho avuto disagi fisici incredibili da “ grande “, ma restare intrappolati nella propria mente senza poterne uscire fidatevi che non è descrivibile.  Ti vergogni di te, sai che stai sbagliando, che fuori  c’è un mondo, che ci sono mille possibilità, lo sai benissimo ma non riesci a muoverti da dove sei, indossi la tua maschera migliore e aspetti che finisca la giornata.

Nel mio caso la sensazione, anzi no, la certezza che stessi perdendo tempo, derivava anche dal fatto che in quegli anni morirono sul serio moltissimi miei amici coetanei in diversi incidenti stradali, ma sul serio molti, in 3-4 anni ci fu un ecatombe, ragazzi di neanche 17 anni, se già è difficile da adolescente accettare l’idea della morte, quell’incapacità di vivere mi dava un enorme senso di colpa, perché io che avrei potuto non riuscivo a vivere, e loro, che ai miei occhi se lo meritavano più di me, non potevano farlo più.

Ve ne parlo oggi perché sono passati eoni, non lo avrei fatto prima, ci si sente vulnerabili per anni, oggi non me ne importa più nulla di cosa può pensare la gente.

Personalmente ne sono venuto fuori i primi anni delle superiori,  è stato come un improvviso rebound, o almeno ha smesso di avere importanza.

Una mattina, non sai perché, ti svegli e LUI non c’è, dopo anni di estrema costanza nel torturarti sembra essersi distratto, inizi ad analizzare la situazione  e inizi a cercare un senso, allacci tutto e da li riprendi piano piano forza. E più tiri su la testa più il vuoto perde forza. Ricordo come cruciale un libro, Il Candido di Voltaire, letto per obbligo ( era un compito estivo ) mi rivelò che non ero il solo ad aver passato certe cose, c’erano stati altri prima di me, e quindi sicuramente anche se da fuori non si vedeva altri erano in quel momento in quello stato, ma non solo, ad un certo punto nelle ultime pagine del libro c’era una frase, ed era molto simile a un pensiero  che mi ronzava in mente negli ultimi mesi..

“Gli avvenimenti della vita sono concatenati per permetterti di vivere nel migliori dei modi possibili “ nel testo usava la parola “mondi” ma era praticamente identica e io non sapevo chi cavolo fosse l’autore del libro all’epoca.  Probabilmente mi innamorai della lettura in quel momento, quando capì che potevo rubare il tempo dai libri.

Sono stato fortunato a uscirne senza aiuti per altri purtroppo non è andata cosi.

Sono diventato negli anni l’esatto opposto del bambino che vedeva tutto cupo, ora la gente mi descrive come quello che “ l’acqua non lo bagna e il vento non lo asciuga “ sono diventato molto positivo , cerco sempre il lato buono in tutto, ho imparato a vivere dei piccoli momenti e delle piccole cose, accettando che la vita fa schifo, ti rema contro, ma è la sua natura, mentre la mia è quella di fottermene altamente di lei e di chi si mette in mezzo.

E’ il motivo per cui ancora compro giocattoli da collezionare, e nerdate varie, se una cosa mi rende allegro anche per poco io la faccio, non ho più voglia di perdere tempo dietro ai problemi stupidi e al parere delle persone.

Dopo tanta sincerità sarei un falso a dirvi che è sempre così facile, il  punto è che queste cose lasciano un segno, non è vero che basta il tempo, non va via nulla, fa sempre parte di te, certe rabbie, certi rancori, le delusioni, non vanno via, ci convivi, ma hai  solo paura di ricadere in quel baratro e allora rifiuti a priori quei pensieri quando tornano.

Vi racconto una cosa per farvi capire cosa voglio dire.. Quando ero in facoltà mio padre è stato due volte male di sera, una volta lo trovai in terra svenuto con mia madre che gridava e un’altra scappammo in ospedale e ci siamo rimasti un bel po. Ogni tanto la sera ad un certo orario mi assale  l’ansia senza nessun motivo.

Da quel punto di vista credo che tutti quelli che hanno sofferto questa situazione siano dei borderline, ci si riavvicina spesso nel corso della vita alla linea gialla.

Personalmente l’unica cosa di cui ancora soffro la mancanza è la compagnia, sono sempre stato uno molto sociale, ho sempre avuto mille giri, ma ci sono dei periodi come quello che sto vivendo per ora in cui ci si sente soli . Non è depressione è che materialmente gli amici crescendo hanno preso ognuno la propria strada e ti trovi un po’ spiazzato perché per le mie vicende mediche io non ho vissuto una decina degli anni che ho all’anagrafe.  Però  la cosa mi fa incupire molto, perché mi sentivo tremendamente solo anche durante quel periodo, e se sei solo sei vulnerabile, ti senti abbandonato.

Quando inizio a vedere tutto nero, mi isolo, sparisco, stacco i social, come i gatti mi vado a leccare le ferite.

Anni fa non credo che lo avrei ammesso  neanche a me stesso, ma se sono anaffettivo credo sia colpa anche di queste esperienze, io ora non ho più problemi a dirlo, cosi come non ho più paura di chiedere scusa, o di piangere, ho bisogno di avere gente accanto, ho bisogno di un contatto umano, ho bisogno di chiacchierare tutta la notte con un amico, ho bisogno di condividere le mie esperienze.

Prima di isolarmi mando sempre dei segnali, una sorta di richiesta di aiuto, una foto, un post, un commento, un messaggio,  in fondo mi piacerebbe ancora che venissero capiti, mi piacerebbe che suonasse il campanello e mi ritrovassi con gli amici in casa. Purtroppo certe cose le percepiscono solo le persone che vivono lontane e non quelle vicine, ma ormai non  pretendo neanche più che accada. Col tempo impari ad essere forte pure da solo.

Prima credevo che mostrare il lato scoperto fosse sbagliato, oggi vedo con occhi sereni chi mi sta intorno e capisco che siamo fatti tutti della stessa pasta, nessuno si salva .

Alcune persone provano a trollare o bullizzare gli altri  per sentirsi meno falliti, mentre alcuni si chiudono in se stessi, altri ancora si lanciano nel lavoro, accumulano beni, accumulano fans, like, per riempire un buco. Ecco perché secondo me siamo diventati Social dipendenti. Abbiamo tutti bisogno di esistere in qualche modo, in qualche mondo,  e nell’era della globalizzazione paradossalmente siamo cosi intenti a correre da essere rimasti soli.

L’anno scorso una cara amica, con una carriera propria,  che aveva partorito da poco e ed era felicemente sposata, si è lanciata da un cavalcavia, alcuni la chiamano depressione post parto. Un paio di giorni fa la notizia agghiacciante che Chester Bennington si è impiccato. Ho letto cose assurde, come che era famoso, aveva tanti soldi, aveva i fans, non gli mancava nulla, aveva tanti figli a cui voleva bene e non aveva motivo per farlo. Poi guarda caso vedi la sua storia, e vedi che in quel momento, profondamente triste e depresso,  era solo come un cane in una casa immensa ed era il compleanno del suo amico morto da poco tempo.

Puoi costruirti una gabbia in oro massiccio e diamanti ma resta una gabbia, quando leggo che qualcuno si uccide mi viene dentro un magone tremendo e tornano per giorni e giorni ricordi di sensazioni che sembrano fossero scomparse.  Probabilmente solo uno che è passato per quei pensieri riesce ad intuire vagamente il dramma interiore che uno si può portare dentro.

Per farvi capire quanto fa schifo la gente hanno hackerato il profilo di sua moglie postando frasi terrificanti. Purtroppo il mondo è pieno di questa gente,  le persone deboli sembrano godere delle debolezze degli altri, George R. R. Martin l’autore del trono di spade  fa dire a Tyrion Lannister una frase che riadattata è da scolpire nella pietra

« Mostra che le loro parole possono ferirti, e non sarai più libero dalla derisione. Se proprio vogliono darti un nome, accettalo, fallo tuo, in modo che poi non possano mai più usarlo per farti del male. »

Ovviamente per avere momenti cupi e restare incastrati in se stessi non occorre per forza avere una depressione, anche se credo che tutti lo siano a tratti. Spesso bastano degli infortuni che ci distraggono da quello che amiamo per buttarci giù.

Tanto per farvi un elenco anche delle mie riprese fisiche, mi sono lussato la spalla, con rottura della clavicola nelle scuole medie, ho operato un ginocchio che mi saltò la prima lezione di educazione fisica del primo liceo 😀 ,  poi come sapete ho avuto il mio personale calvario dal 2003 al 2008 con la schiena ( potete curiosare qui QUI ) , dopo la riabilitazione del 2009 e 2010, riprendo, prendo peso e  torno a un ottima forma fisica  nel 2013, finché poco dopo non arrivano i problemi all’intestino, legati alle cure sbagliate alla schiena e all’arrivo della quasi celiachia e come già detto altrove persi un altro anno a provare a metterci una pezza, ( QUI ) , finalmente sembrava tutto sistemato quando  nel dicembre 2014,  mi leggono male una risonanza magnetica e mi stavano per operare il cuore senza motivo ( QUI ) , nel frattempo qui e li ho avuto anche delle epitrocleiti.

A questo punto della chiacchierata mi pare ovvio che le tipologia di infortunio sono molte, può morirti un amico, un parente, puoi avere fratture o danni articolari, e molto altro.

Abbiamo atleti paralitici, con protesi, ex tumorali, operati al cuore, eppure tutti fanno sport.

L’elaborazione di un periodo difficile credo sia simile a quella di un lutto o almeno cosi è sempre stato per me. Vi descrivo quello che mi successe quando mi dissero senza nessuna delicatezza e cortesia, che dovevo operarmi al cuore durante un elettroencefalogramma ( avevo ancora l’ago nella vena ).

Magari poi, se avete vissuto esperienze simili, mi direte se anche per voi è andata cosi.

Per prima cosa resti stordito,  un misto tra il non volerci credere e l’incazzo, dopo tutto ne avevo passate tante e tutte di fila, da giovanissimo,  l’idea di subire un ulteriore affronto alla mia vita sembrava insopportabile, ci si sente del tutto impotenti, dopo inizi a non dormire la notte. Spesso mi svegliavo con gli occhi sbarrati nella notte e non facevo che ripetermi che era tutto finito e non aveva senso continuare a ostinarsi. Dopo un po’ accetti il fatto di doverti fermare di nuovo e inizi a mente fredda a ragionare sul da farsi, ad esempio quando capì che potevo restare paralitico semplicemente iniziai a studiarmi tutti i modi possibili per allenarmi con la sedia a rotelle.

Spesso per fortuna i motivi degli stop, non sono derivati da cose troppo serie ma da banali  infortuni, meno gravi per quanto noiosi.

A prescindere al tipo di trauma subito se dovessi mettere in elenco le priorità delle cose di cui preoccuparsi mi muoverei in questo modo

Subito dopo un infortunio, c’è una fase acuta di dolore che va semplicemente rispettata. Il dolore per quanto fastidioso è un segnale del nostro corpo che ci fa capire che qualcosa non va, remargli contro non fa mai bene. Non bisogna averne paura.. La stessa cosa accade dopo un intervento, anche se spesso si po’ riprendere l’attività in un paio di settimane, quelle settimane vanno rispettate. Alla fine potete lasciarlo in pace un gomito che vi fa male per due settimane, la cosa non vi ucciderà di sicuro.

Definendo infortunio pure una brutta notizia, una di quelle che ti spiazza, o un stato mentale, è giusto anche in questo caso che si lasci il tempo al corpo di metabolizzare la cosa, spesso una passeggiata col cane, un giro a mare con le cuffiette, sono più proficue di uno Squat, anche perché se avete la testa altrove rischiate di distrarvi e di farvi male fisicamente e in modo serio.

Se l’infortunio è stato importante, o se peggio si è subito un intervento, è facile convincersi di essere malati. Ho sentito spesso le frasi “ ma ora ho la protesi all’anca “, “ ma mi hanno operato qui “. Gli infortuni passano, gli interventi si fanno per ripristinare la corretta funzionalità delle cose, non siete malati, avete solo paura.
Zach Zeiler era tumorato e si allena, vi ho fatto vedere come si alleni anche la gente stomizzata QUI , diversi atleti sono operati alle anche, io ho una protesi alla colonna, insomma smettetela di raccontarvela. Darsi da fare è più impegnativo che raccontarsi una scusa ma che scelta avete? Quanto volete commiserarvi e piangervi di sopra?

Non avere paura del proprio infortunio è basilare, come i traumi vissuti colpiscono la mente,  gli infortuni difficilmente spariscono del tutto, ma non bisogna averne terrore. Spesso purtroppo sono i medici ad instillare nella mente delle persone un fortissimo effetto nocebo, facendoli credere malati, patologici, da buttare. Per i medici basta che respiri e mangi per di dire che state bene, a loro spesso non frega molto della qualità della vita, spesso infatti hanno poco tatto e non pensano mai al fatto che le loro parole si intrecciano con uno stato psicologico  che spesso è molto debole durante queste fasi. Non fatevi condizionare, la capacità di risposta del fisico è impressionante se Zanardi avesse ascoltato quello che dicono i medici probabilmente sarebbe su una sedia a dondolo davanti al caminetto, col il plaid sulle gambe e invece stampa trofei su trofei.

Fidarsi , o tornare a fidarsi, del proprio corpo accettando la nuova condizione: Fidarsi di un ginocchio che ha ceduto ed è stato appena operato, fidarsi del proprio nuovo trocantere in ceramica, non avere paura di rifarsi male al gomito o alla schiena che tanto ci hanno fatto soffrire, non è facile, il cervello manda inconsciamente il sistema in protezione, prova a tutelarlo, ma se abbiamo fatto i compiti rispettando i punti precedenti, dobbiamo remargli contro. Non è semplice tra i medici che ci vorrebbero in una campana di vetro e il ricordo di quando ci siamo fatti male, ma non esiste cosa peggiore per l’apparato locomotore di stare fermo.

Allenarsi : So che può sembrare presuntuoso ma spesso i medici sbagliano nel loro essere iper-prudenti e se state fermi da un mese o due a fare ancora sta benedetta tecar che va di moda, o le elettrostimolazioni,  e continuate a stare male, continuare a stare fermi non vi sarà di nessun aiuto.  Se avessi dato retta ai medici con tutto quello che ho avuto sarei 40 chili di ossa e terrore. Siamo nati nomadi, siamo nati prede, non abbiamo artigli, non abbiamo zanne, avremmo anche compensato tutto col cervello e la comunicazione ma il nostro fisico è rimasto quello, non è fatto per stare fermo, se ti fermi in natura diventi uno spuntino. Ci sono persone che dopo un ictus hanno rieducato una parte del cervello che prima faceva altro a muovere le mani QUI . Avete a disposizione una delle macchine più fantastiche dell’intero creato, capace di riadattarsi a mille condizioni differenti, possiamo vivere sottoterra, in un deserto, o nel freddo più intenso dei poli, siamo andati avanti nonostante epidemie, saccheggi, guerre, glaciazioni. Sfruttate il vostro cervello, la motivazione e la conoscenza sono la vostra centralina, gli input li date voi. Come ho già scritto in un articolo quando uno dei miei infortuni mi ricorda di essere ancora li , ( spesso dopo un po’ ti scordi di averli e fai le cazzate :mrgreen: ) gli ripeto ad alta voce e a rischio di sembrare un cretino davanti agli altri, che quel ginocchio, quella schiena sono sul mio corpo, quindi non sono io che mi adatterò a loro ma sono loro che devono fare in culo e mi devono venire dietro.

Dovete evitare gli infortuni ma se arrivano ditegli GRAZIE sono le occasioni migliori che avrete per crescere e conoscere il vostro corpo.

Siamo molto meglio di quanto spesso crediamo di essere, ogni tanto ci serve solo qualcuno che ci ricordi questa cosa, da soli non si va lontano. Voglio chiudere con una citazione di ….    non so chi sia..

 

Che la mia coscienza, elemento unico e privo di materia, svanisca nel nulla senza lasciare traccia….Sei uno scheletro ricoperto di carne, composto da polvere  di stelle e viaggi nello spazio a bordo di una roccia…. Di cosa hai paura?